Quando la soluzione è nell’ingresso di nuovi soci | Serie ”Crisi aziendale”
Se sei un imprenditore sotto pressione per i cambiamenti che la tua impresa deve perseguire, se hai difficoltà a formulare nuove strategie aziendali efficaci, questo video e la serie di cui questo episodio fa parte ti forniranno informazioni e soluzioni utili.
Benvenuto, sono Davide Mondaini, fondatore di Mondaini partners, uno studio di consulenza strategica finalizzata alla trasformazione e al rilancio di pmi a base familiare, attraverso interventi di riorganizzazione aziendale e ristrutturazione finanziaria.
Nel precedente video, il quinto episodio della mia serie, ho illustrato, anche attraverso il caso Piastrelle S.p.A, le problematiche tipiche delle imprese rientranti in uno stadio di insolvenza. In questo episodio, il sesto ed ultimo della serie, approfondirò le trasformazioni di impresa che coinvolgono terze parti: nel caso specifico, investitori industriali o finanziarie.
Già nel primo episodio della serie, nell’esplorazione del mio modello a quattro stadi, ho introdotto il tema spiegando che, in diversi casi di difficoltà, è spesso funzionale coinvolgere nei programmi di trasformazione (e soprattutto di rilancio) investitori terzi che apportino, da una parte, il nuovo capitale, e anche nuove competenze.
La ricerca di nuovi partner industriali o finanziari è un tipo di intervento trasversale rispetto a tutte le situazioni di impresa che ti ho illustrato finora, anche se, come vedremo, con diverse sfumature.
Nelle situazioni di stagnazione, ogni prima difficoltà può essere una delle opzioni a disposizione per la trasformazione, soprattutto nel caso in cui i processi di cambiamento strategico e di recupero competitivo siano difficili da realizzare stand alone.
Nelle situazioni di declino, e ancor più in quelle di insolvenza, spesso è una scelta obbligata: l’unica alternativa per garantire la continuità del business e dei posti di lavoro.
In ogni caso l’ingresso di nuovi partner (che siano industriali o finanziari) richiede, da parte dell’imprenditore, la disponibilità a condividere o addirittura, nei casi più estremi, a perdere il controllo o la totalità della propria azienda. Nonostante ciò, quello che sto vedendo in questi ultimi anni è che i leader fondatori, ma direi sempre più anche i discendenti, sono sempre più spesso aperti a valutare queste opzioni, perché si rendono conto che la loro impresa da sola non è più in grado di preservare i valori e svilupparsi.
Una volta compreso che per raggiungere questi obiettivi la strada giusta è quella della ricerca dei nuovi partner, il nemico allora si chiama “improvvisazione”; e la parola magica da usare per sconfiggerlo è “metodo”. Non si può avviare la ricerca di un nuovo partner da coinvolgere nei processi di trasformazione strategica dell’azienda senza un metodo strutturato, o meglio, si può anche fare, ma spesso e volentieri con esiti disastrosi. Il metodo che propongo agli imprenditori che desiderano o sono costretti a ricercare nuovi partner industriali o finanziari si basa su un processo strutturato, che ho messo a punto lavorando su tante e diverse operazioni straordinarie in questi anni. Quello descritto potrebbe apparirti come un percorso lineare e standardizzato, ma ti posso assicurare che ogni operazione straordinaria fa scuola sé e, in diversi casi, ho dovuto trovare davvero soluzioni anche molto articolate e creative, come nella storia di impresa che ti illustrerò ora.
Il caso aziendale che ti presento descrive, a mio parere in modo davvero efficace, come si possa vincere la resistenza all’apertura del capitale con rigore e network.
Questa storia imprenditoriale vede le sue origini quando Protesi S.p.A, una nota azienda familiare attiva nel settore delle forniture ospedaliere, per supportare un forte processo di crescita delle vendite e di espansione internazionale, decise di ampliare le sue capacità produttive e internalizzare parte dei processi produttivi in precedenza affidati a terzisti: nacque quindi una sede distaccata del quartier generale, dove vennero concentrati tutti gli asset di produzione allora presenti nella sede principale e installati i macchinari di nuova generazione, attraverso un investimento davvero importante di diversi milioni di euro.
Nel corso del successivo triennio, il successo riscontrato dai prodotti sui mercati internazionali portò l’azienda a investire ulteriormente e con continuità in nuovo personale e nuovi impianti di nuova generazione; purtroppo, la successiva crisi dei mercati di riferimento e il riassetto del sistema bancario nazionale e internazionale colpirono l’azienda nel momento più difficile della sua crescita.
Il forte impegno in circolante, in un settore a stretto contatto con la sanità, non poteva più essere supportato dal sistema bancario; nel contempo, la crisi dei mercati stava portando a un allungamento cronico delle dilazioni di incasso, causando una pesante crisi di liquidità. Il risultato fu che la crescita si arrestò e la situazione patrimoniale e finanziaria contaminò irrevocabilmente la gestione economica. Il management e la proprietà maturarono la consapevolezza che la situazione di difficoltà in atto non poteva essere risolta mediante normali interventi, e si affidarono al mio supporto per analizzare la situazione e concepire un programma di trasformazione che potesse dare continuità all’attività aziendale, al know-how e alle risorse umane coinvolte.
La concezione di un piano di ristrutturazione efficace occupò me e il mio team per diversi mesi, durante i quali vennero analizzati e sviluppati diversi scenari e incontrati diversi partner industriali, potenzialmente interessati a subentrare alla proprietà e rilanciare quindi l’operatività aziendale. La necessità di rifocalizzare le attività strategiche mi convinse a separare l’azienda in tre rami di attività:
– il primo ramo, commerciale, focalizzato sul mercato italiano;
– un secondo ramo, commerciale, focalizzato sul mercato internazionale;
– infine, un ramo industriale, focalizzato sulla produzione di dispositivi medici.
L’obiettivo di tale ristrutturazione del modello di business era, innanzitutto, quello di conferire i tre rami di azienda all’interno di tre nuove società specifiche: in questo modo sarebbe stato possibile identificare, ed eventualmente coinvolgere, partner industriali nel progetto di risanamento, e quindi non all’interno di una società con un modello di business complesso ed equilibri ormai compromessi, bensì quindi all’interno di nuovi soggetti giuridici, focalizzati su tre attività strategiche chiave: cambio di modello di business. Quindi ristrutturazione finanziaria e ingresso di nuovi soci con interesse strettamente correlato ai nuovi business creati furono gli ingredienti chiave del progetto di trasformazione e rilancio.
In parallelo, è il caso di sottolinearlo, la proprietà e il management dell’azienda, per la quale si preconfigurava un percorso giudiziale di risoluzione della crisi, mi avevano incaricato di avviare un’attività di ricerca di partner industriali. Fu così che, nel giro di poche settimane, si concretizzò l’interesse da parte di un importante gruppo americano già attivo nel settore medicale, attraverso una sua società controllata; quindi, facemmo nascere una nuova realtà, attraverso lo scorporo del ramo industriale dell’azienda preesistente all’interno di un soggetto giuridico precostituito.
La nuova società iniziò subito la sua attività operativa e il gruppo americano entrò nella compagine sociale attraverso un robusto aumento di capitale. Pochi mesi dopo si concluse con successo il percorso di ristrutturazione sociale dell’azienda preesistente e si concretizzarono le operazioni societarie: da una parte, quindi, il ramo commerciale italiano venne acquistato da imprenditori italiani, uno dei quali, fra l’altro, ricopriva il ruolo di direttore commerciale all’interno della divisione Italia dell’azienda preesistente La stessa azienda preesistente che mantenne, fra l’altro, la ragione sociale precedente, divenne di proprietà di un gruppo cinese attraverso un ulteriore aumento di capitale, gruppo cinese operante nel mercato della traumatologia, interessato a sviluppare in particolare il mercato del Far East. Questo fu certamente un progetto di trasformazione aziendale piuttosto complesso, che richiese notevoli sforzi di progettazione strategica, nonché di condivisione da parte della proprietà e del management e di tutte le altre parti coinvolte.
Devo dire che, nonostante la gravità iniziale estrema in questo caso della situazione di partenza e anche delle grandi difficoltà incontrate nel concepimento e, soprattutto, nella fase di esecuzione del piano, l’esito fu estremamente positivo per tutte le parti coinvolte.
In questo caso specifico, devo dire, non ci fu un unico leader aziendale assoluto protagonista della trasformazione strategica, ma il successo della stessa fu il risultato della collaborazione e dell’impegno profuso da diverse figure aziendali: da un lato, la famiglia imprenditoriale dimostrò davvero lungimiranza e apertura mentale nell’appoggiare un progetto aziendale che avrebbe smembrato l’azienda è comportato la perdita, da parte della famiglia, del controllo della stessa; dall’altro lato il top management, in particolare il direttore generale, contribuì in maniera determinante all’esecuzione del progetto e al rilancio del ramo industriale all’interno di una nuova società controllata, come ti ho appena illustrato, dal gruppo americano. Si può dire, senza dubbio, che le sue capacità manageriali e di esecuzione furono uno degli asset chiave di tutta l’operazione di risanamento.
Se desideri approfondire gli argomenti trattati, puoi trovare diversi riferimenti e nostre specifiche pubblicazioni all’interno del nostro sito web.
Ti ringrazio per l’attenzione e ti invito a vedere la mia serie completa dal titolo: “Trasformazione d’impresa” composta da sei episodi.