Come uscire dalla crisi e risanare l’impresa | Serie ”Crisi aziendale”

Se sei un imprenditore sotto pressione per i cambiamenti che la tua impresa deve perseguire, se hai difficoltà a formulare nuove strategie aziendali efficaci, questo video e la serie di cui questo episodio fa parte ti forniranno informazioni e soluzioni utili.

Benvenuto, sono Davide Mondaini, fondatore di Mondaini Partners, uno studio di consulenza strategica finalizzato alla trasformazione e al rilancio di PMI a base familiare, attraverso interventi di riorganizzazione aziendale e ristrutturazione finanziaria.

Nel precedente video, il quarto episodio della mia serie, ho illustrato, anche attraverso il caso Motori spa, le problematiche tipiche delle imprese, rientranti in uno stadio che ho chiamato “declino”. In questo episodio, che è il quinto della serie, approfondirò le principali caratteristiche di un altro stadio, lo stadio di “insolvenza”.

Già nel primo episodio della serie ti ho anticipato il fatto che con insolvenza si intende una situazione in cui un soggetto economico, solitamente un’impresa, non è più in grado di onorare regolarmente, con mesi normali di pagamento, le obbligazioni assunte alle scadenze pattuite. Ci troviamo quindi in una situazione molto avanzata delle difficoltà di impresa, in cui la sopravvivenza stessa è a forte rischio, gli equilibri paiono deteriorati in modo irreversibile e lo spettro del fallimento a volte aleggia sulla testa degli imprenditori. I sintomi delle situazioni di insolvenza sono piuttosto evidenti e si manifestano con aggravamento delle perdite economiche, deterioramento patrimoniale, personale spesso in esubero e soprattutto creditori sul piede di guerra. E’ tanto facile riconoscere i sintomi dell’insolvenza quanto complesso però trovare soluzioni adeguate per uscirne: anche in questo stadio troviamo nemici potenti come il panico e la mancanza di coerenza nelle decisioni.

In questi casi, gli interventi di ristrutturazione che ho illustrato nel quarto episodio, che sono coerenti per situazioni di declino, qui non sono sufficienti per incidere adeguatamente; in questo stadio quindi è inevitabile parlare di risanamento. Ho visto purtroppo tanti imprenditori in situazioni del genere farsi condizionare dal terrore di non poter trovare una via d’uscita o di non avere il tempo, gli strumenti, le capacità per seguirla. A questi imprenditori dico sempre due cose: la prima è che l’insolvenza non si manifesta mai all’improvviso. Se la loro impresa è giunta a uno stadio di difficoltà così avanzato è perché non sono stati in grado di riconoscerne i segnali, non hanno voluto affrontare, quando era il momento, un processo di trasformazione strategica tempestivo; la seconda è che, nonostante tutto, per quanto grave sia ormai la situazione in cui versa l’impresa, c’è sempre una via d’uscita. La frase che è diventata anche il mio motto è che non esistono aziende in crisi, ma solo business da trasformare e rilanciare. E’ chiaro che, in queste situazioni, la trasformazione aziendale è profonda e radicale. L’azienda che uscirà da un risanamento sarà molto, molto diversa da quella che vi è entrata, sotto tanti aspetti. La proprietà, la governance, il modello di business, gli assetti organizzativi, gli equilibri economici e finanziari; ma quello che più conta è che, se il risanamento viene gestito in modo adeguato, l’azienda che ne esce sarà ancora in piedi. Ci sarà quindi ancora il valore, che può essere estratto e trasferito. Si tratta di processi complessi, che richiedono spesso tanto tempo, strumenti e soprattutto competenze specifiche e un approccio straordinario alla gestione aziendale; richiedono però anche che il leader sconfigga il panico che, comprensibilmente, può ottenebrarlo, con una nuova parola magica: la lucidità.

Ora, ti illustrerò una storia imprenditoriale, in cui la lucidità del leader ha aiutato davvero la sua impresa ad uscire da una situazione che sembrava irrimediabilmente compromessa. Il caso aziendale che ti presento descrive, a mio parere in modo davvero efficace, come si possa vincere il panico con il rigore e il metodo.

Piastrelle spa è un’azienda attiva nel settore della ceramica, che fino ai primi anni 2000 conobbe una forte crescita, accompagnata da importanti investimenti industriali, sostenuti sia all’interno dello stabilimento principale, sia attraverso l’acquisizione di un secondo stabilimento.

Per finanziare la crescita e gli investimenti, l’azienda ricorse in modo massiccio all’indebitamento finanziario, e questo fu il primo di una serie di errori che rese molto precari gli equilibri finanziari e patrimoniali dell’azienda. Quando arrivò poi la recessione globale (siamo intorno al 2008/2009) il mercato di riferimento si arrestò repentinamente e l’azienda perse in un paio d’anni circa il 40 per cento del proprio fatturato; fu così che vennero a galla subito tutte le criticità e le tensioni interne dell’azienda, come i conflitti tra i soci, la governance debole, un organico sovradimensionato, l’indebitamento finanziario non più sostenibile. Nonostante ciò, la proprietà (nel frattempo passata alla seconda generazione) dell’unico socio rimasto non riconobbe subito questi segnali come sintomi di una difficoltà strutturale e non attivò quindi tempestivamente interventi drastici per risolverla: fatto sta che l’azienda, in quegli anni, entrò ufficialmente in uno stato di insolvenza. A quel punto, la proprietà di Piastrelle spa mi incaricò di progettare e mettere rapidamente in esecuzione un piano di pronto intervento.

La prima fase del piano, che possiamo chiamare, a questo punto, di “risanamento”, si articola intorno ad una serie di interventi mirati, finalizzati a tamponare la grave emergenza; quindi si agì sulla riduzione dei costi e sulla riduzione dell’organico, si ricapitalizzò anche la società e si ottenne una moratoria sui finanziamenti bancari. Queste azioni consentirono alla società di evitare temporaneamente il default, che invece interessò diverse aziende del settore in quegli anni.

A distanza di due anni dai primi interventi, tuttavia, l’azienda non aveva ancora recuperato gli equilibri, e le moratorie ottenute con le banche si avvicinavano di nuovo alla loro scadenza. Urgeva quindi un secondo progetto di risanamento, ancora più drastico e profondo del primo. La seconda fase del risanamento si concentrò quindi su un ridisegno profondo dell’azienda: si decise infatti di abbandonare il prodotto a marchio e riconfigurare l’azienda come un terzista rivolto ad altre aziende. Questa scelta fu felice, consentì all’azienda di ridimensionare ancora una volta l’organizzazione e di ridurre sensibilmente la struttura e i costi, con la finalità di portare il conto economico in equilibrio sul fronte finanziario; la strategia fu quella di richiedere e ottenere un nuovo giro di moratorie con gli istituti bancari. Condussi personalmente diversi tavoli con il ceto bancario, che, anche per la trasparenza mostrata dall’azienda e dagli advisor stessi, diede ancora una volta credibilità e tempo al progetto. In questo modo, l’azienda riuscì a recuperare parte degli equilibri economici persi negli anni precedenti nonostante il ridimensionamento dei volumi. Tuttavia, la situazione patrimoniale e finanziaria era ormai deteriorata: nonostante gli sforzi importanti fatti dall’azienda, la crisi era ormai conclamata e pareva non esserci via d’uscita. Mi misi quindi al lavoro insieme al mio team ed alla proprietà per concepire un nuovo piano basato sull’esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (ex articolo 182 bis), che avrebbe dovuto traghettare l’azienda fuori dall’area dell’insolvenza il prima possibile.

Lavorammo quindi alla costruzione del piano e all’avvio delle complicate trattative con i creditori e tutti gli altri soggetti da coinvolgere nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, e ciò per garantire la continuità aziendale e la salvaguardia dell’occupazione, ed evitare così il default dell’azienda. Un piano di questo tipo presentava diversi elementi di attenzione: da un lato c’erano le banche e i fornitori da coinvolgere pesantemente nell’accordo, i quali avrebbero dovuto rinunciare a una parte importante del loro tetto per garantire la sostenibilità del piano; dall’altro lato era necessario assicurarsi il supporto e l’impegno di un nuovo acquirente, che avrebbe dovuto rilevare l’attività aziendale e salvaguardare tutti i posti di lavoro, requisiti senza i quali non vi era il presupposto alla continuità su cui si basava il piano stesso.

Furono quindi mesi molto intensi, nel corso dei quali vennero gestiti diversi tavoli, non senza grandi difficoltà, e anche rallentamenti, imposti dalla sopravvenuta emergenza sanitaria. Però, grazie a questa gestione, una gestione molto attenta, la società riuscì a depositare il piano, basato sulla continuità dell’attività, di ridare la salvaguardia dei posti di lavoro in capo al nuovo soggetto acquirente e la ristrutturazione di tutti i debiti verso le banche e fornitori aderenti all’accordo. Qualche mese dopo il piano e il relativo accordo di ristrutturazione dei debiti vennero omologati dal tribunale, e l’attività aziendale e tutti i dipendenti vennero trasferiti in capo all’investitore acquirente, uno dei principali gruppi industriali del settore ceramico. Allo stesso tempo, grazie a questa operazione, Piastrelle spa potrà nei prossimi anni risanare la propria posizione debitoria, realizzare una liquidazione evitando il default che, solo qualche mese prima, sembrava irreversibile, inevitabile.

Quello di Piastrelle spa è un caso di trasformazione aziendale davvero complesso e articolato, che ha richiesto diversi anni di lavoro, competenze specifiche e soprattutto grande lucidità mentale e determinazione da parte della proprietà. Operazioni di questo tipo hanno successo solo se vengono affrontate in modo strutturato, con strumenti adeguati, con metodologie e risorse adatte alla situazione, mentre l’impulsività e l’improvvisazione conducono sempre, come in tutte le cose, un altro tipo di esito. E, in questo caso specifico, l’approccio manageriale e caratteriale del leader aziendale ha fatto davvero la differenza.

Nell’ultimo episodio della mia serie esaminerò l’ultimo elemento del modello a quattro stadi che ti ho illustrato. Nel primo video della serie, più precisamente, analizzerò i temi legati al coinvolgimento di nuovi investitori industriali e finanziari nella situazione di stagnazione o difficoltà, e ti fornirò, anche attraverso un nuovo caso aziendale, ulteriori e concrete soluzioni per trasformare la tua impresa.

Ti ringrazio davvero per l’attenzione e ti invito a vedere il sesto ed ultimo episodio della mia serie: “Come combattere la resistenza all’apertura del capitale”.



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