Tavola rotonda ”Capitali e Idee per il Rilancio” | Davide Mondaini
Prima della tavola rotonda, volevo dedicare proprio cinque minuti a fare con voi un ragionamento.
Adesso è la parte in cui noi abbiamo fatto delle domande, ci sono delle provocazioni, che a volte servono anche così, come io le utilizzo con la politica, ma servono in generale per fare da sprone a dei processi.
Allora, tu conosci bene il mondo dell’impresa, e mi sembra che ci siano alcuni vizi di forma, posso dire così, che a volte hanno un po’ accompagnato certi modi di fare impresa che oggi non ci sono più, non hanno più ragion d’essere rispetto allo scenario che abbiamo davanti.
Allora, diciamo così, noi oggi abbiamo raccolto tantissimi spunti. Sì, abbiamo visto, siamo partiti da case, siamo partiti dalle risorse importanti che arriveranno, abbiamo sentito un mondo che cambia, dalle banche, dalle imprese, da chi opera nel piccoli club deal, dalla borsa dell’assicurazione del credito…
Ora però il tema è questo: noi abbiamo bisogno, se lo guardiamo a livello di Paese, di lavorare sul PIL, sul denominatore, perché si facciano scattare case, cioè una domanda aggregata che fa crescere in maniera importante le nostre imprese, ripartendo dal primo nostro ospite, il dottor Rocca, a questa regione: la regione indubbiamente ha dei parametri straordinari, menti migliori, il tasso di disoccupazione oggi nella Romagna è al 3%, significa niente; ok, abbiamo quindi i capitali, però non possiamo più aspettare di avere all’interno delle nostre imprese delle idee, non possiamo più ragionare su finanziamenti aggiuntivi di piccolo cabotaggio.
Io sono qui, in sala c’è un CFO che si chiama, dico un nome di fantasia, Alberto: è un CFO di un’azienda che in quel settore è in difficoltà a causa Covid; l’azienda è solida, ha lo stesso rating dell’anno precedente, tuttavia è andato in banca a chiedere 300.000€; l’azienda, il gruppo, ne fattura 40 milioni. La banca ha detto: “Un attimo, vediamo perché; no, non va bene”. Dobbiamo chiedere 3 milioni? Dobbiamo chiedere 5 milioni? Dobbiamo far capire qual è il nostro progetto, ma non partendo però dall’idea.
È questa un po’ la provocazione, quello che dicevo, il vizio di pensiero, cioè non parto dall’idea, perché la mia forma mentis mi spinge a dire: cerco l’idea, chiedo una piccola cifra per fare una piccola cosa, se parto da un capitale, che potenzialmente può essere maestoso, io sono costretto a seguire il capitale, avendo un’idea, una grande idea, ma è proprio così questo titolo.
In realtà, quando l’ho mostrato un po’ all’inizio, l’ho fatto circolare, qualcuno mi ha detto: “Ma no è sbagliato, prima deve mettere le idee capitali, prima vengono le idee dei capitali…” no, oggi, a mio avviso, per quello che abbiamo visto, dobbiamo fare in modo che le nostre aziende si trovino nella medesima situazione che ci ha posto l’Europa.
L’Europa ha dato 200 miliardi di risorse, in parte debito, in parte sovvenzioni; allora io volevo, in cinque minuti, sinterizzarvi questa formula, che serve all’impresa con 5 milioni di fatturato, 50 o 100 milioni. Voi dovete partire da questa banalissima percentuale: io prendo l’azienda in mezzo, 50 milioni, perché mi viene bene. Dovete partire da un assunto che oggi voi avete con un’azienda mediamente in ordine: un 20 per cento, più o meno, di capitale disponibile.
Quindi, quando tornate nelle vostre aziende, dovete ragionare in termini di pianificazione strategica, partendo non dalla creazione di un progetto, ma dal fatto che voi avete la possibilità, nell’arco di un tempo medio-breve, di poter accedere a queste risorse; e dovete mettere in piedi un team che cominci a farsi venire tutte le idee possibili, per trasformare, far crescere la vostra impresa e spendere quei 10 milioni, perché il 20 per cento di 50 milioni, se faccio bene i conti, sono 10; devo partire da qui, devo partire dalle risorse, non possiamo aspettare di migliorare la nostra azienda, dobbiamo trasformarla qui.
Ritorna il discorso che faceva Luca prima sui cinque anni: cioè, io mi do una strategia, faccio un progetto di un certo tipo, e dunque mi proietto nel fare qualche cosa di più grande che non risanare i conti oggi o, per dirla come la diresti tu, dare lavoro a me, alla mia impresa, alla mia famiglia.
In azienda è chiaro che ci sono anche dei momenti in cui ho la possibilità di mettermi a lavorare sul piano strategico, che a mio avviso va allungato non più a tre anni, ma devo ragionare a 67 anni, devo darmi una prospettiva, una traiettoria, ma dobbiamo darci un percorso che ci costringa a metterci al lavoro, per spendere quei 10 milioni, se ne fatturiamo 50, e vedrete che cominciate a mettere insieme… l’imprenditore è il proprio team, e, a cominciare a ragionare in questo modo, io oggi ho questi 10 milioni. Come posso trasformare, far crescere la mia azienda e spendere questi 10 milioni?
Poi, se mi esce un progetto che invece di dieci ne ha 12, faremo come ha fatto l’Italia; 205 arrivano dall’Europa, 30 nel piano complementare li aggiunge l’Italia, però se vuoi la provocazione che devo lanciare questa sera, partendo proprio dall’abbondanza di capitali, dall’abbondanza di strumenti, è questa: partiamo dal capitale, da qui il titolo “Capitali e idee”.
Se io so che il capitale mi consente di pensare un determinato progetto di un livello superiore, io penso ad un livello superiore. Devo pensare alla prossima asticella, perché se rimaniamo imbrigliati nel miglioramento del piccolo investimento, nel miglioramento che viene dal basso, viene dal reparto, la trasformazione, la crescita di cui stiamo parlando non può venire da lì; da lì verrà l’aggiustamento, le piccole restaurazioni verrà una correzione delle build, verrà un piccolo aggiustamento del nostro percorso, della crescita composta del fatturato, ma la sfida è quella di andare a mettersi nella condizione di capire forzatamente come usare capitale per far crescere la nostra impresa, e vedrete che, nel momento nel quale non ragionate più, come il CFO dice: “vabbè, mi servono adesso 300 mila euro”, cambia il “campionato”, cambia il ragionamento; è un tema imprenditoriale, e qui è chiaro che dobbiamo rifarci alle caratteristiche del leader che guida la trasformazione: può guidare lo sviluppo di cui stiamo parlando, non può essere un miglioramento di reparto, di processo, quindi il leader poi ci porta anche (ma poi ne parleremo magari nella nostra tavola rotonda conclusiva) alla formazione di una classe dirigente imprenditoriale.
Gran discorso anche questo, molto consueto per la politica, quindi sono anni che ci parliamo addosso anche della mancanza di una classe dirigente strutturata; e ci riporta al discorso Draghi: se non ci fosse lui, c’è una classe dirigente che lavora al suo fianco e che poi ne è in grado.
Stesso discorso, probabilmente, vale anche per quel team che affianca il leader in un pensiero che alzi l’asticella concreta. Io sto adottando questa modalità, se volete una “parolona” è un modo diverso di fare pianificazione strategica, e vi assicuro che comincia a tirare fuori idee che in azienda mai nessuno avrebbe mai, perché tutti erano auto limitati dal fatto di avere i 500mila euro da spendere, milioni da spendere, e quindi dalle banche noi dobbiamo andare, visto che ce l’hanno detto, a chiedere 10 milioni non 300.000€; non ce li danno, se siamo soprattutto in un settore che è un po’ in difficoltà, perché vogliono capire come trasformeremo la nostra azienda, come la rilanceremo.
Questo è il suggerimento, mettiamoci in testa che tu vuoi rompere la spirale “dell’accontentarsi”: ci si accontenta di dare una verniciata alle pareti di casa, a cercare comunque di tenere la situazione più o meno decente, sotto controllo.
Tu dici: “Rompiamo questa spirale anche a livello di pensiero, pensiamo più in grande”. Sì, è il momento di fare piani partendo dai capitali, questo è il mio suggerimento.
Poi, certo, di avere il progetto, per carità, però il progetto non viene fuori in molte aziende, siamo schiacciati dell’operatività delle mille cose da fare. Il piano strategico arriva, si arriva a Charlie Ray che mi obbliga a fare dei ragionamenti; se c’è un momento di discontinuità, allora mi metto a guardare il piano. Ma non c’è questa cultura manageriale diffusa, quindi se vogliamo scatenare un vero sviluppo che non sia un aggiustamento dobbiamo arpionare questo rimbalzo per riuscire nella sfida, passare dal rimbalzo al rilancio, e con questo volevo introdurre la tavola rotonda, perché qui andremo a fare le conclusioni e anche a tirare le somme di quanto detto finora.