Le Exit Strategy nei Family Business
La vendita, parziale o totale, dell’azienda di famiglia è un evento fortemente emozionale e può generare reazioni molto differenti tra i membri della famiglia:
sollievo, gradimento, pace familiare, ma anche rifiuto,
isolamento, rabbia e depressione. L’imprenditore deve
preparare sé stesso, la famiglia e l’azienda a questo
evento, considerando anche che alcune delle transazioni
annunciate non vanno a buon fine.
Le Exit Strategy nei family business
La vendita, parziale o totale, dell’azienda di famiglia è un evento fortemente emozionale e può generare reazioni molto differenti tra i membri della famiglia: sollievo, gradimento, pace familiare, ma anche rifiuto, isolamento, rabbia e depressione. L’imprenditore deve preparare sé stesso, la famiglia e l’azienda a questo evento, considerando anche che alcune delle transazioni annunciate non vanno a buon fine.
Il sistema delle strategie delle imprese familiari
Le strategie di Exit possono essere collocate in un quadro più ampio delle strategie per le imprese familiari.
Qui prenderò in considerazione le strategie di base che le aziende familiari possono adottare, con particolare focus sulle strategie di Exit, ovvero di disinvestimento parziale o totale.
Il passaggio generazionale, l’avvento della digitalizzazione e nuovi cambiamenti nei mercati determinano, per le imprese familiari, la necessità e anche l’opportunità di riesaminare le proprie strategie.
Partirò dunque da qui.
La maggioranza delle imprese familiari non ha un vero e proprio piano strategico, ma questo non vuol dire che non abbia una strategia.
Ciò premesso, la strategia delle imprese a base familiare può essere classificata in tre tipologie reattiva, di adattamento e proattiva.
Nel primo caso, tipico delle aziende più piccole, ci si rapporta al contesto esterno con un orizzonte di breve termine.
Nel secondo caso le azioni sono guidate da un’analisi della domanda e dell’offerta in senso più lato, con un orizzonte tipicamente annuale.
Il terzo caso, quello a cui ritengo tu debba tendere, è lo sviluppo di un orientamento strategico di medio termine, fondato sull’identificazione delle opportunità di crescita e sulle competenze dell’azienda.
Nelle aziende familiari ci si limita spesso a una strategia implicita e adattativa fortemente correlata ai business attuali, senza esplorare le opportunità future. Questo approccio, che è di solito il preferito dalle generazioni senior, può portare a una miopia di marketing che spesso impedisce di esplorare con profitto il futuro percorso di evoluzione dell’azienda.
Con il passaggio generazionale si manifesta l’esigenza di esplicitare l’orientamento strategico e ancora di più sviluppare una pianificazione strategica di dettaglio che diventi una guida per proprietà e management.
Questo orientamento deve trovare poi un riflesso nelle decisioni di investimento della famiglia. A ben vedere la scelta degli indirizzi strategici dipendono da due principali fattori: l’attrattività del mercato e le competenze dell’impresa.
Si presentano dunque quattro principali opzioni.
Primo, strategia di espansione. Questa strategia si applica ad aziende che sono già leader in un mercato e che vogliono crescere in ulteriori mercati. L’obiettivo è crescere ed espandere le quote di mercato per vie sia interne sia esterne.
Secondo, strategia di migrazione nel caso in cui, pur in presenza di grandi competenze interne, il mercato diventa maturo e si deteriori oppure diventi meno attrattivo. L’obiettivo è liberare risorse marginalmente meno produttive e impiegarle in attività più interessanti.
Terzo, strategia di rilancio. Questo è il caso in cui si identificano nuovi mercati attraenti o, al contrario, il mercato nel quale opera l’azienda diventa molto competitivo, evidenziando un gap di capacità interne da colmare.
Quarto strategia di uscita. In qualche caso occorre prendere in seria considerazione l’ipotesi di vendere l’azienda quando, per esempio, non si abbiano figli o questi non vogliano o non possano continuare l’attività.
Oppure potrebbe essere il caso di condizioni esterne che sono divenute troppo complesse, per cui è necessario vendere per proteggere il patrimonio della famiglia e reinvestirli in altri campi.
In altri casi, invece, è il grande successo dell’impresa a creare l’occasione per la vendita. Non vendere nel momento giusto può significare, in alcuni casi, dover chiudere l’azienda più tardi.
Le 3 determinanti delle strategie di uscita
La contemporaneità del passaggio del modello economico tradizionale e del passaggio generazionale rende più incerto il futuro delle imprese familiari, che devono affrontare decisioni di investimento o di ridimensionamento oppure di vendita.
Per quelle aziende che si trovano in questa situazione è giunto il momento di affrontare una revisione della propria strategia con uno sforzo comune tra padri e figli.
Questo perché sono necessari due fondamentali contributi: da un lato, quello esperienziale dei padri, che però rischia di essere ancorato a modelli in via di superamento e dall’altro la capacità innovativa e il coraggio tipico delle nuove generazioni.
Queste ultime devono rinsaldare il proprio patto di attaccamento all’impresa familiare e definire quale contributo intendono apportare. Questo processo deve essere facilitato dalle generazioni precedenti, senza un attaccamento eccessivo al controllo e soprattutto senza cadere nella tentazione di risolvere tutti i problemi e imporre le proprie convinzioni a chi verrà dopo di loro.
Non occorrono piani strategici dettagliati, bensì indirizzi strategici. La revisione della strategia porta a due grandi benefici.
Primo, permette di indirizzare l’azienda verso mercati attrattivi dove le competenze interne possano portare a un vantaggio competitivo e secondo consente di sviluppare una comprensione tra i diversi attori coinvolti: la proprietà, il management e i familiari.
Le strategie di espansione
Le strategie di espansione. Per le aziende di successo è molto difficile mantenere la posizione nel tempo.
Le graduatorie delle migliori aziende sono in continuo movimento e se guardassimo quelle di alcuni decenni fa non ne troveremmo più di una o due di quelle che oggi sono al vertice. Alcune sono uscite dal business, altre sono state acquisite o più semplicemente si sono ridotte di dimensione.
Occorre sottolineare tuttavia che per le aziende familiari il successo non è solo collegato alla dimensione raggiunta, ma piuttosto alla continuità e alla longevità.
Per cui la loro forza è data dalla capacità di adattamento alle mutevoli condizioni ambientali. Per contro, possono peccare di miopia e di inerzia e finire in uno stato di stallo strategico. Per superare questa situazione occorre sviluppare un processo continuo e non episodico di pianificazione strategica, che consideri due fondamentali elementi: le capacità dell’azienda e l’attrattività del mercato in cui si opera.
Nella capacità rientrano il brand, la qualità dei prodotti, le risorse finanziarie, ecc…, mentre per l’attrattività del mercato esterno vanno considerati il tasso di crescita, la pressione competitiva, la profittabilità e così via.
Questa è una situazione per alcuni versi ideale, ma nondimeno priva di insidie. Come già detto, mantenere il successo è estremamente difficile, soprattutto perché quando si è in testa non ci sono riferimenti da seguire. Oltretutto sembra che vada tutto per il meglio.
Le strategie di migrazione
Le strategie di migrazione, è il caso delle imprese che, pur avendo forti competenze, vengono a trovarsi in mercati meno attrattivi sia per l’evoluzione della domanda e della concorrenza, sia per l’effetto di altre variabili quali la deregolamentazione e la digitalizzazione.
Si parla quindi di aziende forti e sane di fronte a uno scenario non privo di incertezze.
È in questa situazione che si deve implementare una strategia di migrazione allo scopo di riallocare gli asset in nuove opportunità oppure, ove non sia possibile, riportare l’azienda a una dimensione ottimale.
Occorre in altre parole, adattarsi. L’adattamento è la capacità che un’azienda ha di modificare il proprio funzionamento in un contesto in evoluzione, in modo da restare in condizioni di equilibrio e sopravvivenza. Per raggiungere questo obiettivo occorre a volte reimpiegare le risorse attraverso diverse possibili azioni. Riducendo la complessità e operando in modo efficiente che sono due operazioni difficili, per il rispetto che le imprese familiari hanno per la propria storia, eppure estremamente utili per reimpiegare gli asset in nuove opportunità.
Le strategie di rilancio
Le aziende che si trovano in condizioni di competitività difficile, pur in presenza di mercati attrattivi, possono e devono innanzitutto ottimizzare la situazione esistente, cercando di colmare il gap di competitività, facendo ulteriore leva sui propri punti di forza e riducendo le debolezze. In maniera simile a quanto descritto nel precedente paragrafo sulle strategie di adattamento.
Ricercando risorse qualificate dall’esterno oppure acquisendo aziende che possiedano le capacità necessarie. Questo per adeguare l’organizzazione interna, in termini di competenze, alle esigenze di un contesto esterno maggiormente competitivo.
Il problema principale di questo approccio è che quando ci si accorge di avere bisogno è spesso troppo tardi. L’indebolimento è frutto di miopie di lungo termine che hanno portato l’azienda a un deficit strutturale e il ritardo accumulato può essere congelato ma difficilmente recuperato.
Bisogna valutare con freddezza la sostenibilità di questa strategia quando il gap competitivo sia diventato molto significativo. Il rischio è sprecare molte risorse in uno sforzo vano di recupero di competitività, oppure non arrivare in tempo.
Occorre molta selettività nella scelta delle aree sulle quali investire, perché potrebbe non esserci una seconda opportunità.
Le strategie di uscita
Nel tempo possono mutare molti fattori, come per esempio l’attrattività del mercato, le capacità interne per rimanere competitivi, le energie richieste dal business che non si trovano più nella famiglia.
Ora voglio affrontare il caso delle imprese familiari che, in assenza di altre opzioni praticabili, debbano implementare una strategia di uscita, parziale o totale, allo scopo di disinvestire dal business e reinvestire la liquidità generata in altre attività imprenditoriali, finanziarie o immobiliari.
Le strategie di uscita possono riguardare due situazioni differenti: la necessità di vendere per preservare il capitale piuttosto che continuare l’attività ed erodere il patrimonio e la serenità familiare e l’opportunità di vendere in un momento di mercato favorevole.
Le Exit strategy: per necessità e per opportunità *
La vendita per necessità.
La vendita per necessità è dovuta a questi principali motivi: la perdita di attaccamento della famiglia all’azienda, mancanza di eredi, conflitti interni, denaro come unica motivazione e le scarse prospettive economiche dell’impresa.
Per quanto riguarda l’attaccamento, bisogna considerare che il solo collante finanziario non è in grado di tenere unita la famiglia all’impresa e che occorre qualche cosa di più oltre al denaro.
Si devono quindi trovare altri motivi per continuare l’attività familiare che si rifanno alle origini dell’imprenditorialità: l’indipendenza, l’ambizione, la voglia di contribuire al progresso con qualche cosa di nuovo e di originale per le nuove generazioni.
Si possono aggiungere altre motivazioni, come lo stare insieme per essere più forti, la responsabilità verso la società e la comunità di riferimento, la passione ereditata dai genitori per il business, il riconoscimento di un’identità familiare da difendere, l’opportunità per sé, per le future generazioni di avere una vita piena di impegni e di soddisfazioni.
Tuttavia, qualora le motivazioni non siano state coltivate per tempo o vengano a cadere, qualora le divergenze tra familiari siano insanabili, occorre prenderne serenamente atto e agire prima che sia troppo tardi.
La seconda importante motivazione sono le scarse prospettive economiche dell’impresa dovute al deterioramento della sua forza competitiva. È una situazione nella quale anche l’attaccamento della famiglia può diminuire ed è quindi meglio disinvestire in tempo per evitare di erodere il valore dell’azienda a favore di potenziali acquirenti che potrebbero rilanciarle utilmente grazie a maggiori risorse o sinergie.
Quando le prospettive economiche sono basse, la scelta di disinvestire appare più facile da prendere.
Tuttavia le situazioni non sono quasi mai così definite. Un mercato può avere ancora spazi di attrattività e le nuove strategie di rilancio potrebbero essere efficaci, giustificando ulteriori investimenti. Viceversa, uno scarso attaccamento in situazioni di potenzialità di rilancio porta alla frustrazione del management, con l’effetto di perdere le migliori risorse, indebolire ulteriormente il business.
Quando si è perso l’attaccamento, più si aspetta a vendere, più si abbassa il valore dell’azienda. Alcune famiglie possono decidere di mantenere il business deboli per motivi affettivi, ma questa motivazione andrebbe perlomeno esplicitata con chiarezza.
* La vendita per opportunità.
Una situazione completamente diversa riguarda il caso in cui l’azienda sia straordinariamente performante e quindi molto appetibile, oppure in cui operi in un contesto sottoposto a fenomeni di concentrazione industriale che la rendano oltremodo attrattiva.
In questo secondo caso il numero di operatori si ridurrà e l’azienda si troverà di fronte a due alternative acquisire o vendere ai concorrenti. A questo punto ci si può rendere conto che le risorse finanziarie necessarie per fare acquisizioni possono diventare troppo elevate oppure tali da innalzare eccessivamente il livello di rischio imprenditoriale, rendendo così più appetibile la situazione di vendita.
Uscire dal business familiare può essere complicato. Da un lato bisogna preparare la famiglia all’uscita di scena e dall’altro prepararsi a gestire una significativa disponibilità finanziaria.
* Prepararsi all’uscita di scena.
La vendita dell’azienda di famiglia è un evento fortemente emozionale e può generare reazioni molto differenti tra i membri della famiglia; sollievo, gradimento, pace familiare, ma anche rifiuto, isolamento, rabbia e depressione. L’imprenditore deve preparare sé stesso, la famiglia e l’azienda a questo evento, considerando anche che alcune delle transazioni annunciate non vanno a buon fine.
Bisogna rispondere ad alcune domande chiave. Cosa vogliono i membri delle famiglie e cosa no? Qual è la strategia di uscita? Come reagiranno i dipendenti chiave? Quale sarà il nostro ruolo? Cosa fare della propria vita? Tenere unita la famiglia o favorire la divisione? Quale nuova prospettiva dare ai figli? Cosa fare del denaro ricevuto? Quanta liquidità tenere per sé e quanta e quanto destinare alle generazioni future? Bisogna affrontare la situazione con calma e darsi il tempo necessario per riordinare le idee prima di agire, prima, durante e dopo la vendita.
Vendere l’azienda cambia le prospettive sia per i giovani sia per coloro che hanno vissuto in azienda per molti anni, contribuendo alla sua crescita, ci si vede di fronte a una vita potenzialmente vuota da riempire con nuovi interessi. Non si viene più identificati con l’azienda, bensì con la liquidità ottenuta. Si perde l’identità della famiglia.
I senior devono saper bilanciare il senso di colpa per non essere riusciti a trasferire ai figli ciò che è stato fatto o ricevuto dai genitori e il senso di responsabilità nel voler preservare il patrimonio finanziario di famiglia per le generazioni future. Per i giovani svaniscono le prospettive di lavoro nell’impresa familiare a favore di disponibilità di asset finanziari.
* I Family Office.
La gestione della liquidità conseguente alla vendita deve rispondere a molteplici obiettivi, definiti da ogni famiglia, preservare e accrescere il patrimonio, tenere unita la famiglia, incoraggiare l’imprenditorialità delle nuove generazioni, dare sicurezza e indipendenza a tutti, proteggere lo stile di vita attuale, tutelare i discendenti.
Per gestire questa complessità occorre un approccio strutturato. Una piattaforma che può essere presa come esempio sono i family office che nascono quasi sempre a valle della liquidazione e che permettono alle famiglie di gestire i propri interessi finanziari e di fronteggiare i bisogni correnti e quelli delle future generazioni. Il motivo per cui sono così diffusi è che assicurano indipendenza nella gestione del patrimonio, garantiscono la privacy e soprattutto consentono di tenere insieme la famiglia, favorendo la nascita di iniziative imprenditoriali nelle nuove generazioni.
* Trasferire le capacità più che i patrimoni.
La decisione di investire o disinvestire nell’azienda di famiglia è molto critica perché tocca molteplici aspetti della vita personale, familiare e sociale: l’identità della famiglia, il futuro dell’azienda, i legami familiari, lo stile di vita degli individui, l’impatto sociale, il legame con la comunità di riferimento. È molto importante poter decidere quando vendere per non trovarsi in una situazione di necessità.
Bisogna preparare l’azienda e la famiglia in anticipo, dotandosi anche di una riserva di liquidità per non pregiudicare nell’emergenza il valore dell’azienda. Non è solo necessario capire se e quando vendere e a che valore, ma anche trovare un nuovo equilibrio familiare, delle formule per tenere unita la famiglia a prescindere dal denaro, che richiede comunque nuove competenze per essere gestito. Come abbiamo già detto, è molto difficile creare valore e tramandarlo alle generazioni. Le aziende familiari sono un veicolo importante di trasferimento di valori, oltre che di patrimoni. Trasferire la capacità imprenditoriale molte volte è più importante che trasferire un’impresa. In questa accezione, in determinate circostanze è necessario uscire da un business per preservare il capitale e poterlo magari reinvestire in un’altra nuova, promettente avventura.